Lettera dei Custodi del Dialogo ai Soci per l’Assemblea Nazionale 2018 di Noicàttaro
Mag 11 2018

L’anno scorso abbiamo preparato l’Assemblea Generale a Cagliari con una lettera dei soci ai soci. Quest’anno abbiamo deciso di scrivere una lettera da parte dei singoli Custodi del Dialogo (il Consiglio Direttivo), per arricchire il dibattito su dove stiamo andando e per riflettere sul nostro tentativo di gestione orizzontale dell’associazione.

Riflessioni di Susan George, Presidente di AIP2 Italia, Custode del Dialogo

susan georgeDurante il primo anno, con visite in Puglia e nel Trentino, e l’assemblea in Sardegna, abbiamo cercato di capire cosa succeda alla base in diversi territori e di conoscere meglio i soci che abitano lontano da Firenze e Bologna, dove si è costituito il nucleo più forte dell’associazione. Questo non è stato un semplice viaggio di curiosità, ma un tentativo di capire come vada declinato il concetto della partecipazione all’interno di esperienze storico-politiche regionali diverse; di esplorare come vanno sperimentate, raccontate e divulgate tali esperienze e, infine, di riflettere sul rapporto fra tipo di partecipazione, tipo di legislazione e tipo di attori sociali che le propongono e le effettuano. L’Assessore Regionale Minervini in Puglia, per esempio, è stato più importante di una Legge Regionale sulla Partecipazione in Toscana? Quali sono le conseguenze della presenza di alcuni attori e di alcuni percorsi legislativi nello sviluppo delle prassi democratiche di un territorio? Non vi do risposte, suggerisco, invece, una riflessione su questi argomenti per capire meglio come possiamo e dobbiamo proseguire. Ciò che spesso mi incuriosisce è la specularità dei modi di vedere e di agire anche in livelli e contesti sociali diversi, per esempio l’abitudine di legiferare su qualsiasi cosa invece di esaminare le prassi e i modi di ascoltare, di fare, di includere e decidere. Alla fine dell’Assemblea a Cagliari si è parlato della scuola, e mi sembra importante concentrarci su questo aspetto se il nostro intento è quello di sviluppare una società dove partecipare è la norma. (E’ nella scuola che si impara ad esplorare, a condividere, a proporre, a decidere e a realizzare).
Nel secondo anno abbiamo continuato non soltanto a rinsaldare i rapporti, ma anche a contribuire all’esterno ad alcuni dibattiti pubblici che riguardano l’inclusione dei cittadini nelle politiche pubbliche, contribuendo alla stesura della Lg.Rg della Partecipazione di Emilia Romagna (questionario di Mengozzi e Porretta); e alla discussione sul Dibattito Pubblico (nota alla Commissione Ambientale della Camera, confronti con Andrea Pillon sul DP). Giandiego Càrastro ci ha informato regolarmente sugli sviluppi legislativi e Chiara Pignaris e Annalisa Pecoriello hanno organizzato sull’argomento un convegno a Firenze con gli Ordini degli Architetti e degli Ingegneri (inviti a Casillo, vice presidente del CNDP in Francia, Belisario, Pillon). Quest’ultimo evento è stato preparato con l’intenzione di organizzare dei corsi di Formazione sull’ argomento a Firenze per poi sperimentare il format in Sardegna, in Puglia e laddove si veda interesse.
Il Consiglio Direttivo con diversi soci è andato al Festival della Partecipazione all’Aquila per consolidare soprattutto i rapporti con Cittadinanzattiva e per capire l’utilità di tale evento dal nostro punto di vista. Abbiamo segnalato l’assenza di veri esempi di partecipazione locale, il poco uso delle energie e delle proposte dei giovani relegati a fare solo da guide e l’occasione mancata di utilizzare le competenze degli esperti presenti.
Ad ottobre due Comuni baresi, Terlizzi e Noicattaro hanno chiesto all’ associazione di scrivere una manifestazione d’interesse per i loro progetti di rigenerazione urbana. Il ruolo di garante scientifico è piaciuto molto ai soci.
E quando abbiamo valutato il luogo dove fare l’assemblea in Puglia – la scelta era fra Lecce, Bari e Noicattaro; alla fine ha prevalso Noicattaro perché la presenza di un socio nella duplice veste di membro del CD e di assessore in una giunta tecnica ci è sembrata un’occasione troppo ghiotta. Infatti Germana Pignatelli ci ha raccontato della sua difficoltà di spiegare, far vedere, e far capire alla giunta e al Consiglio Comunale l’importanza e la potenzialità della partecipazione. Nel frattempo il bando dove l’aip2 aveva sottoscritto una manifestazione d’interesse era stato vinto. Ci è sembrato quindi un vero caso di studio e di prova.
Nei prossimi giorni visiteremo i possibili luoghi di intervento in due aree scelte nella proposta del Comune, quella culturale e quella ambientale; porteremo la nostra esperienza e conosceremo le difficoltà della P.A. a capire, per esempio, la Carta della Partecipazione. In questo modo esploreremo i nostri reciproci punti ciechi.
Sempre nell’ottica di capire e di far capire l’importanza e la complessità dei processi di partecipazione, abbiamo chiesto a voi soci di compilare una scheda su uno o più progetti partecipativi difficili, concentrandovi soprattutto sul processo, perché mentre è chiara l’importanza dei risultati, è meno ovvia, ad un occhio non esperto, l’importanza della sceneggiatura e della gestione quotidiana del processo. Nella scheda viene richiesta una riflessione su quali Principi della Carta si usano di più e quali si ignorano. Durante l’Assemblea verranno analizzate queste schede e se emergono delle riflessioni generalizzabili, valuteremo, con la casa editrice La Meridiana, l’opportunità di pubblicazione di Working Papers sui processi partecipativi. La responsabile della Casa Editrice sarà presente durante l’evento pubblico del lunedì. Fedele, Germana ed io abbiamo già stabilito dei contatti.
Ci auguriamo che la riflessione su queste schede possa costituire materiale di studio nei futuri corsi di formazione per la P.A. come quelli proposti da Francesca Gelli, membro dell’Autorità Regionale Toscana della Partecipazione, a dicembre durante un incontro organizzato dall’ANCI toscana. La Gelli è anche coordinatrice del programma sull’azione territoriale locale dell’IUAV e a marzo ha organizzato un incontro Innesco: Arti e Mestieri della Partecipazione Generativa dove si è vista una vibrante comunità di studiosi di sviluppo locale, di economia e di governance e dei facilitatori dediti ad un pieno uso del principio della sussidiarietà. La varietà e la qualità delle esperienze e dei progetti raccontati sono state notevoli, ma due punti critici sono emersi. Cito a memoria Gregorio Arena: ci sono tanti comuni che stanno adottando i patti per la gestione dei beni comuni da parte dei cittadini, ma non esiste una rete dialogante fra queste esperienze, e Iolanda Romano: in quest’aula ci sono tanti facilitatori che hanno a cuore un altro modo di gestire la res publica, come mai non riusciamo ad essere un cavallo di Troia nei ministeri dove ce ne sarebbe tanto bisogno?
Vi lascio con queste due considerazioni.
Nell’IAP2 è proseguito un processo di cambiamento degli organi decisionali ed è stata organizzata una chiamata mensile fra i responsabili delle associazioni nei diversi paesi. Ho potuto ammirare il loro modo quasi fin troppo trasparente di organizzare le cose e la loro capacità di apprezzare ciò che stiamo provando a fare.
Ho espresso le mie riserve sul loro assunto che il modello democratico anglo-sassone sia valido ovunque.

Considerazioni di Chiara Porretta, Custode del Dialogo

chiara porrettaPremessa per i nuovi iscritti
Sono iscritta all’Aip2 dal 2014 su informazione di Lucia Lancerin, Antonella Giunta e Rodolfo Lewanski, che ho incontrato e conosciuto per la prima volta casualmente nello stesso periodo, per motivi diversi e riconducibili alla mia neonata attività lavorativa con l’Urban Center del Comune di Ferrara. Ho deciso di iscrivermi per conoscere professionisti di riconosciuta esperienza con i quali confrontarmi e dai quali apprendere, dato che ho deciso di avventurarmi in questa attività lavorativa da auto-didatta.
Con il tempo ho però iniziato a maturare un atteggiamento molto critico nei confronti dei processi partecipativi istituzionali confrontandoli con le esperienze di partecipazione civica all’interno di reti civiche volontarie che mi hanno spesso vista coinvolta, vedevo scarsi risultati in termini di costruzione e consolidamento di comunità e pratiche. In conclusione, nonostante le amicizie nel frattempo maturate in Associazione, avevo deciso di andare via e prima di farlo ho deciso di dare una mano al direttivo per organizzare l’Assemblea annuale. Le cose non sono andate come avrei voluto, perché in quell’Assemblea sono stata poi eletta come nuovo membro del direttivo. Ho presentato la mia candidatura su richiesta di Alberto Messana per conto di un gruppo di soci che aveva maturato una nuova organizzazione dell’Associazione. Non so ancora se ho sbagliato o meno ad accettare quella candidatura. Tanto è che il mio spirito critico nei confronti dell’Associazione è rimasto ed io non sono stata attiva e responsabile come un segretario del consiglio direttivo avrebbe dovuto essere.

Considerazioni

1. Da quando ci sono io, sono sempre esistite due anime all’interno dell’Associazione gravitanti intorno a due poli opposti: quello del cittadino/attivista e quello del practitioner/professionista, con tutta una serie di sfumature e atteggiamenti diversi da parte dei singoli soci. Questa dualità era evidente nel momento in cui si rifletteva sull’identità e missione dell’Associazione.
2. Nel 2016 un gruppo di soci ha tentato l’elaborazione di una “nuova” strategia organizzativa per l’Associazione, riconducibile ad un’operazione chiave: depotenziamento del direttivo e responsabilizzazione dei soci. Per il passato direttivo questa strategia non appariva poi così “innovativa”, perché nelle intenzioni è quello che hanno sempre provato a fare.
3. Ad oggi è possibile valutare l’effettivo cambiamento o meno avviato nel gruppo. Dal mio punto di vista, qualcosa è avvenuto.
4. L’attuale direttivo che fino allo sfinimento chiamerò “custodi del dialogo”, coerentemente con il proprio spirito ha lavorato/coordinato/direzionato molto meno rispetto al precedente, e questo ha causato un vuoto in tutti quei soci che hanno un atteggiamento più passivo nei confronti dell’associazione, per i quali, di conseguenza, la sensazione è che si sia fatto molto poco.
5. In tal senso è evidente come ad oggi i “gruppi locali territoriali” siano un’ipotesi di visione futura ma sui quali non si può fare affidamento fin da subito; a meno del gruppo toscano forse, che – per quanto vedo io – rimane uno dei motori dell’Associazione, con persone che mettono a disposizione il proprio tempo libero in maniera organizzata e regolare durante tutto l’anno per una finalità comune.
6. Ad essere responsabili sono stati unicamente quei soci che vivono l’Associazione incastrandola tra un impegno lavorativo e l’altro, in altre parole: sono stati i professionisti/practitioner ad emergere, con buona pace dei cittadini/attivisti, spesso molto critici ma poco propositivi.
7. Si chiude con la raccolta di casi da parte dei soci per questa Assemblea, con la richiesta di presentare un percorso partecipativo vissuto in prima persona. Nessuno dei soci ha pensato di presentare un “caso” che ha vissuto come cittadino/partecipante/attivista nella comunità, tutti i soci (a meno di qualche osservatore scientifico e supervisore) hanno compilato la scheda come progettisti/esperti/facilitatori.

Cosa rimane ora?
1. Accettare il fatto che il tempo che la maggior parte di noi sta dedicando a questa azione collettiva, almeno ad oggi, è minimo o, nella migliore delle ipotesi, non molto alto. (Ne è dimostrazione che abbiamo un sito dalle potenzialità incredibili quasi inattivo).
2. Riconoscere che l’Assemblea nazionale rimane un impegno collettivo importante per alcuni di noi, sicuramente per i più motivati.
3. Concentrare il nostro tempo nel ritrovo nazionale nell’ideazione di un’idea concreta e che sia quanto più possibile aperta e accessibile a gran parte dei soci dell’Associazione: dal mio punto di vista, è il ritrovo nazionale stesso.
4. Ultimi dettagli sul ritrovo nazionale: decidere insieme qual è l’apporto energetico richiesto ai soci per il ritrovo nazionale del 2019. (Continuiamo ad optare per un Assemblea di tre giorni lavorativi con costi annessi relativi al pernottamento e al viaggio? Come veniamo incontro a chi non può o non se la sente di sostenere un costo economico del genere?)
E’ possibile pensare di eliminare la barriera economica dell’iscrizione per partecipare alle attività dell’Associazione e ad una parte dell’Assemblea, e chiedere piuttosto la conferma dell’iscrizione l’anno successivo? Penso che l’iscrizione sia una barriera soprattutto perché chiede alle persone di entrare ma senza capire prima nel concreto le attività e i vantaggi dell’Associazione.

Conclusione: proposta per il pomeriggio di confronto di domenica

Dopo aver sperimentato al sabato la riflessione e il confronto sui casi presentati, perché non dedicare il momento di ritrovo collettivo della domenica all’ideazione del prossimo incontro nazionale del 2019.  Forse il confronto tra casi può essere un’utile e interessante azione collettiva per la quale vale la pena ritrovarsi (è un’idea ricorrente da tanti anni ormai…)? E perché non estendere i casi anche a esperienze altre oltre a quelle progettate/facilitate in prima persona e aprirsi a pratiche di partecipazione civica? E qui mi ricollego alle riflessioni di Alfonso a seguire.

Riflessioni di Alfonso Raus, Custode del Dialogo

alfonso rausCredo che come Aip2 dovremmo individuare con più decisione, ulteriori traiettorie possibili di senso, rispetto alla nostra ricerca dinamica e pertinente di identità attraverso, ad es.:
– un rafforzamento dell’ Assemblea come appuntamento annuale di scambio e formazione, facendo in modo di capitalizzare il portato delle competenze e conoscenze dei soci e dintorni…
– l’elaborazione collettiva come Aip2 di una pubblicazione annuale, una sorta di annuario o “quaderni di lavoro” che capitalizzi, anche qui, il valore dei soci e di quanto stanno facendo per dare un oggetto attrattivo sui temi della partecipazione, della democrazia partecipative e deliberativa, sui nessi tra sussidiarietà-partecipazione e beni comuni
1 o 2 azioni di sistema in partenariato con altre organizzazioni, tipo la diffusione e il supporto alla implementazione della Carta della partecipazione, o su alcune tematiche di particolare e maggioritario interesse per i soci di Aip2
Tutto questo, ci interroga anche sul modello che abbiamo approvato, che si fonda su un ruolo attivo e propositivo dei territori, e quello di servizio e attivatore/facilitatore del Direttivo. Una riflessione sull’effettivo senso della dimensione territoriale forse andrebbe fatto, magari inserendo esperienze di “comunità di interessi” tra i soci e non solo, cioè su tematiche e argomenti o su opportunità che si possono presentare per un intervento più complessivo come Aip2 (es. progetti, bandi,…), come tra l’altro è avvenuto, ad es.. sulla riflessione intorno alla introduzione del Dibattito Pubblico in Italia, o sulla valutazione delle leggi regionali sulla partecipazione.
Come visione per Aip2, penso che bisognerebbe aprire un fronte di ricerca e approfondimento su tutto quello che emerge dalle forme di attivazione e di mobilitazione dei cittadini come altra modalità di espressione della partecipazione. In questo senso tutto il tema della valutazione dei processi di partecipazione che vogliamo ulteriormente approfondire, assume ancora più pregnanza, perché stiamo parlando di come la qualità della democrazia, della convivenza umana, la valorizzazione e la generatività della partecipazione-corresponsabilità sui beni comuni, ad es., può evolvere anche al di là dell’azione attivatrice della pubblica amministrazione stessa, che si esprime attraverso la democrazia partecipativa.
Come sappiamo, si stanno rendendo agiti, luoghi e spazi inagiti e abbandonati, che diventano spazi di comunita’ a ” termometro sociale forte”. In questi contesti le necessità e i bisogni, oltre che le potenzialità e le attitudini, trovano la loro espressione: permettono, appunto di far esprimere un inespresso che sta prefigurando traiettorie di sviluppo e nuovi modi di pensare la socialità, per una economia dell’esistenza e non della sussistenza, di grande contaminazione tra settori e capacità, espressioni di creatività, ecc…
Il “bene comune” ri-agito e il processo che si attiva, è una instabile e plasmabile relazione tra un auto-attivate soggettività, comunità di riferimento (come viene detto), comunità di pratiche, ecc.., e quegli aspetti (già esistenti, o ancora da creare) di ambiente fisico o di rapporti considerati significativi per la sua vitalità e connotazione generativa di impatti e ricadute sociali nel territorio considerato.
Credo, pertanto, che per Aip2 si potrebbe aprire uno spazio di contributo metodologico, piste di lavoro sul campo,….. per fornire a quanti stanno operando a vario titolo nei territori, ma anche per chi elabora le politiche locali o agisce nella formazione, orientamenti, appunto metodologico-relazionali, per imparare a stare nei processi istituenti, e quindi, per definizione, instabili e aperti alla sfida dell’esperienza.

Costruire ponti con l’eredità di Guglielmo Minervini. Fedele Congedo, Custode del Dialogo

fedele congedoCosa abbiamo fatto quest’anno. Abbiamo seguito le traiettorie della custodia del dialogo. Soprattutto con Susan il colloquio è stato continuo. Ogni volta è stata una finestra su quelle esperienze, che si presentavano e che potevano diventare nuovi ponti per la nostra associazione.
I collegamenti via Skype fra noi del Direttivo sono sempre stati bellissimi e impegnativi: in genere iniziano alle 9 di sera, fanno saltare la cena e vanno avanti fino a quando ce la facciamo. Ci troviamo a lavorare continuamente sui margini dei nostri tessuti ed è molto difficile trovare il filo giusto per cucire nuove relazioni possibili fra le cose che accadono e l’Associazione. C’è sempre un duplice rischio ambivalente: ogni ponte potrebbe sottrarre energie al campo professionale di ognuno di noi, ogni ponte potrebbe ingiustamente privilegiare il campo professionale di ognuno di noi e prevalere sull’interesse collettivo dei soci. Inoltre, siamo immersi in un flusso di energia delicato: devi essere equilibrato e terzo, onorare le obbligazioni, perseguire il senso di giustizia e l’etica, rispettare i principi ispiratori della Carta della Partecipazione. Questo accade su tanti fronti diversi. Così viviamo la nostra giornata con cose intrecciate in più luoghi e con molte comunità. In questo stato di tensione, sul fronte dell’Associazione potrebbe essere preferita l’inazione. Ma non è così. Tutti noi, dentro questa associazione, così singolare ed importante per ricchezza di umanità e di competenze, siamo funamboli coraggiosi e accorti. Diversi, nelle nostre diverse abilità, fragili e profondamente ispirati. Con questa nostra lente d’identità dobbiamo guardare quello che abbiamo fatto quest’anno e che possiamo fare verso il 2019. Ci sono almeno alcune cose che voglio ricordare. La mailing list di AIP2 mi aiuta a ricostruire. Questo spazio è ricco di contenuti: in un anno sono stati aperti più di 120 argomenti di discussione Non di maniera e poco astratti. Prevale il tema del DP: preziose sono state le segnalazioni di Giandiego sulle riflessioni istituzionali, mentre accadevano, sulle sedute della Commissione Ambiente della Camera per la nuova VIA. Ripercorrendo quest’anno abbiamo visto Susan rappresentare AIP2 al Convegno di Trento del 7 giugno “La Città con i Bambini: buone pratiche di partecipazione dell’infanzia e dell’adolescenza nelle politiche urbane” organizzato da Palomar. Il suo intervento è stato “Ascoltare i bambini e i ragazzi per migliorare la città”.
Fra il 6 ed il 9 luglio alcuni di noi hanno vissuto il Festival della Partecipazione a L’Aquila: è stata un’occasione di riflessione, dal mio punto di vista principalmente sulla distanza fra discorsi e concreta incidenza delle politiche partecipative sulla vita delle comunità.
A settembre Chiara ed Alessandro hanno proposto un sondaggio per calcolare il livello di condivisione interno all’Associazione sul un documento a 11 punti, per il miglioramento della Legge Regionale Emilia-Romagna della partecipazione.
In ottobre ci sono giunte le manifestazioni di interesse da parte dei comuni di Terlizzi e di Noicattaro, al fine di supportare le amministrazioni nel caso di finanziamento mediante il Bando Pubblico della Regione Puglia per la selezione delle Aree Urbane e per l’individuazione delle Autorità Urbane in attuazione dell’ASSE PRIORITARIO XII – “Sviluppo Urbano Sostenibile – SUS” del POR FESR-FSE 2014-2020. I soci hanno risposto favorevolmente e le manifestazioni sono state sottoscritte. Entrambe le città sono state finanziate. Era ed è la prospettiva di un accompagnamento scientifico di AIP2Italia, per i processi partecipativi che potranno configurarsi per l’attuazione delle Strategie Integrata di Sviluppo Urbano Sostenibile (SISUS), stante l’interesse, da parte dei due comuni, ai principi ispiratori della Carta della Partecipazione. Questo pezzo riguarda pertanto cosa dovremo fare ora, nell’ultimo anno di mandato. Da qui iniziamo oggi.
Il 9 febbraio, nella Settimana dell’Amministrazione Aperta 2018 c’è stato il seminario sul Débat Public a Firenze: è stata una bellissima tappa di AIP2. Dobbiamo ringraziare almeno Chiara e Anna Lisa. Ilaria Casillo, Ernesto Belisario, Andrea Pillon e Francesca Gelli sono state voci autorevolissime.
Fra il 27 ed il 28 marzo c’è stato Innesco, arti e mestieri della partecipazione generativa. L’incontro nazionale di Venezia ha avuto un profondo legame con la Puglia, attraverso il ricordo di Guglielmo Minervini. Susan potrà raccontare il senso di quelle giornate in cui AIP2 Italia è stata presente.
Ed oggi ci ritroviamo in Puglia sulla soglia di un’intersezione favorevole di ragionamento concreto ed azione, fra Associazione, rigenerazione urbana e dimensione dell’apprendimento. Davanti a questo orizzonte per me è meno oscuro quello che dovremmo fare nell’ultimo anno di mandato: aprire attraverso esperienze concrete una visione di AIP2 a lungo termine, che prendo in prestito proprio da Guglielmo Minervini e dalla sua Politica Generativa. La nostra identità, cosi orientata verso la dimensione pubblica, dovrebbe spingerci ad usare le nostre risorse di conoscenza, limitate e insufficienti, come leva per mobilitare il diffuso patrimonio di risorse latenti che giacciono sotto pelle nelle comunità a cui siamo vicini. Dunque iniziamo a Noicattaro. Facciamolo a Terlizzi se saremo chiamati. Facciamolo altrove. L’intersezione con la missione educativa della scuola potrà essere un pezzo fondamentale di questo procedere. E di nuovo richiamo le parole di Guglielmo, perché c’è un singolare parallelismo fra facilitatori ed educatori, tutto sommato non così distanti nel loro essere artigiani, malgrado il ben diverso grado di neutralità.
“Quando hai di fronte un gruppo e sei in classe, lì sei in gioco come persona. È un corpo a corpo ineludibile: in ogni momento sei sfidato. Lo scopo primario di un insegnante è quello di essere un artigiano della vita, che la dischiude come mistero. Il compito dell’educatore è il dischiudere i destini. Ciascuno cresce solo se è sognato. Il tesoro, l’energia in noi si dischiudono se c’è qualcuno che crede in noi. Se non incontriamo una persona così, non si risolve. Siamo a scuola, perché la biologia diventi geografia. Dentro un processo in cui la vita diventa storia. Dove si prende parte alla comunità. Dove si è cittadini come parte del cambiamento di una comunità”.

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